Per la terza figlia di Aldo, come per tutte le femministe, il matrimonio – o semplicemente il rapporto di coppia «uomo-donna» – fu semplicemente, solo e soltanto, un «mercimonio» tra lei e il «potere». Per lei, come per tutte le altre si trattò di rinunciare al proprio corpo – utero e vagina inclusi, e soprattutto! – offrendolo – inutile fardello – alla storia e al mondo in cambio del «potere in sé» che per questo tipo di «donna» si incarnava nel «potere sul maschio».
Così la terza figlia di Aldo, il proprio corpo fu strumento e «arma letale» da usare e utilizzare in quella che per lei era semplicemente la «lotta per il potere» – una vera e propria guerra di sterminio, guerra totale – che allo stesso tempo, avrebbe dovuto portare alla «soluzione finale» da attuare nel conflitto storico e apocalittico «maschio/femmina» che da sempre, a modo di vedere del femminismo, è stato il «motore della storia», concetto che aveva sostituito e soppiantato l’ormai obsoleta «lotta di classe» marxista. Un conflitto nel quale la soluzione finale non poteva che portare all’autodistruzione dell’umanità e alla mia morte.
In quella sua guerra, io sono stato e ho rappresentato il «terzo incomodo» tra le i e il potere. Dapprima semplicemente strumento di lotta da utilizzare a mia insaputa per sfuggire a quella che per lei era la dittatura e l’oppressione del «padre» e di suo padre, e allo stesso tempo – e successivamente – ostacolo da abbattere nel momento della battaglia finale là dove vittoria e premio sarebbe stata la cosiddetta «emancipazione», da definire altrimenti e più correttamente come «conquista del potere»: una conquista di un «potere assoluto» del «potere metafisico», del «potere in sé» e del «potere per sé» che, ben oltre qualsivoglia Rivoluzione Francese – Terrore incluso – e ben oltre la conquista del Palazzo d’Inverno e lo sterminio dei Romanov, la famiglia dello zar di tutte le Russie Nicola II, non poteva che portare, oltre che alla distruzione del «maschio/nemico», anche all’autodistruzione del conquistatore nel momento stesso della conquista e all’autodistruzione del genere umano.
Così fui io, l’inconsapevole e involontario capro espiatorio e agnello sacrificale della Storia e della natura umana alla quale urlo e urlerò per sempre il mio «NON VOGLIO!» finché avrò fiato per respirare e voce per gridare nel deserto e al mondo.
Niente e nessuno aveva, né poteva né può, arrogarsi il diritto di fare della mia persona, e senza il mio consenso, semplice «carne da macello» da consumare al fuoco lento e inestinguibile del dolore e della sofferenza eterna condannando la mia esistenza a un’inferno senza fine al solo scopo di «salvare» una natura umana che mai fu più disumana nell’infliggere alla mia persona la pena e la croce del ferro e del fuoco che da una eternità e per l’eternità brucia e consuma la mia anima e la mia carne, deprivando di ogni e qualsivoglia senso il mio nascere, il mio venire ed il mio restare al mondo finché la morte eterna, ultima ed unica umana salvezza e libertà, non sopravvenga e di me non resti altro che l’assoluto nulla e il suo non essere.
pm
sabato 21 febbraio 2015
ore 20:48:43
Photo: Helmut Newton, Two Playmates, Hollywood, 1986